ANNA MAGNANI di Cristina Auditore

5 Aprile 2020 | Redazione

Tante sono le donne che hanno dato il loro contributo alla crescita dell’umanità nella storia. Chi attraverso lo studio della scienza, della medicina, chi nell’aviazione, nella politica, nella moda, nello spettacolo: ognuna unica e fondamentale nella costruzione del grande puzzle che costituisce la formazione della collettività. E ognuna di esse ha percorso un cammino ricco di ostacoli, di vie impervie, di fatica, ma senza mai perdere il coraggio e la forza.
La grande Anna Magnani diceva di essere terribilmente stanca e distrutta dai casi della sua vita, ma anche orgogliosissima dei suoi primi impieghi e ruoli, grazie ai quali, in seguito, sarebbe divenuta una delle maggiori interpreti femminili della storia, attrice simbolo del cinema e del Neorealismo italiano, in un’epoca in cui il cinema italiano dettava le regole cinematografiche nel mondo. apprezzata da appassionati e critici del cinema di ogni generazione, fino ai giorni nostri.
Nel 1956 con il film La rosa tatuata fu la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista, un BAFTA come attrice internazionale dell’anno, e il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico. A pochi giorni dal suo arrivo in America la stampa dichiarò: “In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonate ad un essere umano”; il Time la definì “divina, semplicemente divina”.
Attrice e donna spontanea, trasparente, unica nel suo genere, affermò in un’intervista di apprezzare l’assegnazione dell’Oscar a lei come un gesto leale, a dimostrazione del fatto che “in arte non esiste nazionalità”. Del resto la Magnani apprezzava la lealtà: lei stessa si reputava molto leale, profondamente umana e ricca di poesia dentro. Definita ruvida, affascinante, patetica, non sopportava l’ipocrisia e non respingeva mai le critiche: come attrice preferiva non dare un giudizio di se stessa, ma lasciava che gli altri la giudicassero, ed era oltremodo cosciente del fatto che il pubblico e la critica fossero molto esigenti con lei, e che un passo falso avrebbe potuto rovinare la sua carriera per sempre. Preferiva infatti prendersi dei periodi di pausa tra un film e l’altro, sempre in cerca di una parte che le corrispondesse perfettamente e che, secondo le sue parole, le stesse addosso come un vestito cucito per lei. Cercava
personaggi senza troppe complicazioni, ma con “un po’ di terra dentro, di sangue, di passione”. Se la vita le avesse riservato altro, avrebbe preso una piccola casa e si sarebbe dedicata alla campagna e agli animali.
Possiamo affermare che fosse una donna “vera”, sincera fino all’estremo, dalla quale era possibile – e lo è tutt’oggi, attraverso i suoi film – carpire ogni emozione, ogni vibrazione, ogni lacrima, ogni risata. Sicuramente continuano a parlare di lei documentari, interviste, varietà in cui vengono riproposte scene di film e spettacoli risalenti alla seconda metà del Novecento italiano, ma certamente chiunque sia appassionato di cinema non può fare a meno di notar spiccare la sua figura tra i grandi nomi del periodo più fiorente per il cinema italiano, e di stimarla per le sue ammirevoli doti recitative e comunicative. Diceva di avere una piacevole ambizione, un “gusto” come attrice, quello di essere amata da tanta gente, e sicuramente questo non è rimasto una semplice desiderio. In un’intervista le venne chiesta una definizione di attrice. Lei dopo una minima esitazione rispose: “gli attori, gli artisti sono egoisti, egocentrici, un po’ esibizionisti, però guai se non ci fossero gli attori”.
Cristina Auditore
Liceo Classico “U. Foscolo” di Albano L. (Rm)

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