Lettere durante il lockdown: LA MIA PICCOLA STORIA

18 Marzo 2020 | Redazione


Quella che vorrei condividere è la storia di una donna che quando accende la televisione, il computer, il cellulare, nel tempo del COVID19, ascolta gli inviti a restare a casa poi si guarda intorno e fa l’appello… marito e figlia: presenti; genitori: videochiamati; sorella e nipoti: appuntamento alle 16,00 per la videochiamata con la battaglia navale… ma manca lei, l’altra figlia…

Manca quella che anche ieri sera ha indossato la sua amata divisa ed è andata a percorrere le strade di Roma, cavalcando una ambulanza, con colleghi più o meno spaventati ma armati di buona pazienza e tanto, tanto amore.

Lei che accoglie le chiamate dalla centrale, indossa la protezione con guanti e mascherina, che però non deve sprecare perché ce ne sono pochi, e va alla ricerca di un ospedale che però non voleva che arrivasse, quella che accoglie con emozione gli applausi delle persone alle finestre quando al cambio turno puliscono l’ambulanza e fanno l’inventario, quella che non ha un posto dove fare la pipì perché non la fanno entrare neanche negli Ospedali .

Guardo il cellulare nell’attesa che arrivi il suo messaggio “sto ripartendo” e quando rientrerà a casa, denudata della sua amata divisa, segnata in viso dall’allergia alle mascherine, al mio “come stai?” risponderà – come sempre – “tutto bene mamma, tutto bene… stasera rifaccio notte, se ti va preparami qualcosa da mangiare” eppoi arrivederci al prossimo saluto .

Certo è che non avrei mai immaginato di dover restare a casa (mia nonna mi chiamava “ciclone” perché non c’era nulla che mi potesse fermare) e mai avrei immaginato di dover salutare mia figlia che sta uscendo quando noi per il COVID19 siamo costretti a stare a casa.

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