LA SCUOLA CHE VORREI…

4 Novembre 2017 | Redazione

di Raffaella Bocci, giornalista e pedagogista

Riflessioni e buone pratiche

C’è una scuola dove i bambini vorrebbero andare anche il sabato, dove la mattina entrano correndo, dove gli insegnanti sono guide che li accompagnano verso il sapere, dove non ci sono né cattedre né voti perché la scuola è il luogo dove si imparano le basi della conoscenza e della vita, non dove si viene giudicati.

Un luogo dove esiste il rispetto per ognuno perché si sa, è la scienza che ce lo dice, ogni bambino ha tempi di sviluppo diversi soprattutto quando si parla di apprendimenti.

Stiamo parlando di un progetto scuola primaria nato ad Ariccia cinque anni fa e la voce unanime dei genitori ci racconta che i bambini di questa scuola sono bambini felici.

La dott.ssa Raffaella Bocci che ha ideato il sistema scolastico “Learning for Life” dopo un decennio di studi sullo sviluppo cognitivo, motorio, emotivo/relazionale e degli apprendimenti tra Italia, Inghilterra, Stati Uniti ed Israele, ci dice che nella sua concezione di scuola primaria ogni bambino deve avere la possibilità di prendere coscienza di se stesso e imparare a relazionarsi con il prossimo, non solo tra pari ma anche con gli adulti, con bambini più grandi e più piccoli sempre con rispetto ma con la libertà mentale di poter dire la sua senza timore: solo quando un bambino è sereno con se stesso e con gli altri apre la sua mente agli apprendimenti.

Una serenità trasmessa ai bambini attraverso l’ascolto, senza mai prevaricare, ma con regole ben definite che devono essere rispettare nella comunità scolastica da tutti: bambini e soprattutto adulti perché si insegna più con l’esempio che con le parole.

L’obiettivo di questo sistema scolastico non è solo quello di “insegnare” le materie di studio proprie della scuola primaria tradizionale, ma soprattutto quello di formare gli uomini e le donne di domani, insegnando loro a gestire le proprie emozioni, a sviluppare empatia verso coloro che incontreranno nella propria vita, a renderli consapevoli delle proprie potenzialità e soprattutto capaci di mettersi in gioco nella vita, perché non ci sono limiti a ciò che ogni essere umano può fare. Tutti possono coltivare un sogno e realizzarlo con passione e dedizione sempre mantenendo la propria umanità, l’amore e il rispetto per se stessi, per gli altri e per l’ambiente che li circonda.

Questa scuola insegna che siamo tutti diversi e per questo dobbiamo rispettarci. L’essere diversi è una grande ricchezza: da ognuno si può imparare, ad ognuno si può insegnare qualcosa di nuovo.

Il progetto scuola si ispira alla pedagogia dell’apprendimento mediato di Reuven Feuerstein che la direttrice ha avuto il privilegio di incontrare presso il Feuerstein Institute di Gerusalemme nel 2013 al quale si affiancano tutte quelle materie che possono contribuire a portare nella didattica tutte le importanti scoperte delle neuroscienze legate al funzionamento cognitivo nell’età dello sviluppo (il teatro come materia curriculare, la neurospicomotricità dell’età evolutiva, la musica etc).

Niente viene lasciato al caso, tutto è studiato nel dettaglio. Molto rilievo viene dato alla lingua inglese: la scuola prepara ai bambini agli esami Cambridge riconosciuti grazie ad una straordinaria insegnante madrelingua ed esaminatrice Cambridge che insegna ai bambini che l’inglese è uno strumento di comunicazione e non una materia di studio.

In questa scuola non si corre per finire il programma perché nessuno deve essere lasciato indietro: i più svelti potenziano le loro abilità, i più lenti imparano ad affrontare la scuola e quindi la vita, con la consapevolezza di poter raggiungere qualsiasi obiettivo.

L’approccio pedagogico richiama gli insegnamenti di Mario Lodi, Don Milani, la “pedagogia della lumaca” di Gianfranco Zavallone.

È una scuola dove ai bambini imparano che tutto ciò che gli viene insegnato servirà loro nella vita reale, quella cioè fuori dell’edificio scolastico. Edificio dal quale escono tutte le volte che si può. Le lezioni all’aperto e le uscite didattiche sono numerose: nella scuola del fare l’esperienza rinforza e cristallizza gli apprendimenti.

Come si fa ad esempio a spiegare ad un bambino attraverso un libro, il rumore e l’odore delle foglie cadute dagli alberi in autunno? Solo facendolo passeggiare in un viale di foglie multicolore non dimenticherà mai quello che i suoi sensi hanno percepito.

Si studia per il piacere di conoscere cose nuove, a scuola non si va per far contenti mamma e papà o per prendere un bel voto. I voti generano una competizione negativa. Spesso i bambini pensano che “quel numero” indichi il loro valore e non quello del compito al quale si riferisce. I voti servono agli insegnanti per capire su cosa devono lavorare di più o cercare nuove strategie didattiche, perché la responsabilità di ciò che i bambini imparano è la loro. Questo è il motivo per cui nella “scuola del fare” sono stati aboliti.

Un progetto scuola molto articolato eppure, a pensarci bene, di una semplicità disarmante. Forse è per questo che i bambini non vorrebbero mai andar via…

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