Osservazioni alla Risposta del Ministero della Salute all’interrogazione parlamentare n. 4-02405 sull’uso della Parental Alienation nei tribunali italiani

6 Giugno 2020 | Michela Nacca

Il Ministro della Salute R. Speranza risponde il 29 maggio 2020  all’interrogazione parlamentare n. 4-02405 del 30 ottobre 2019, a firma delle Onorevoli Valente, D’Arienzo, Fedeli, Laforgia, Rojc, Rossomando, Stefano, Vono, Rauti e Cirinnà (v. in http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/print/18/Sindisp/0/1125214/0?fbclid=IwAR2ba29X3K-ti8r3uzKHqfOxa7BgIYnNamnOKy5H723iovgQmd5raWWzTLM ).

Per visionare la risposta v. in

Nel documento il Ministro dice di voler ribadire la bocciatura  della PAS, Parental Alienation Syndrome,  in quanto considerata a-scientifica da tutta la comunità accademica internazionale, ma poi lo stesso Ministro finisce per  riabilitarla sotto altri nomi ed altre sembianze, ma con stessi principi e criteri, ma soprattutto stessi fini  e condizioni di utilizzo della PAS.

La prima criticità della Risposta si legge subito dopo il titolo, laddove la PAS è ridefinita come Sindrome da Anaffettività Genitoriale. Una definizione sconosciuta fino ad oggi. Tuttavia da catalogare probabilmente come l’ultimo dei tanti trasformismi tipici della PAS, che nel tempo è anche stata definita Parental Alienation o semplicemente Alienazione, conosciuta anche come “conflitto di lealtà”, “manipolazioni materne”, “madre ostativa, simbiotica” ecc.: sono queste e molte altre le denominazioni che, nonostante le sonore e ripetute bocciature da parte della comunità scientifica internazionale, hanno permesso alla “pseudotheory” PAS di continuare, senza soluzione di continuità, ad essere insegnata in Master di Università, dapprima private poi anche pubbliche, in corsi di formazione forense e di psicologia giuridica per Magistrati, Avvocati, CTU, CTP, assistenti sociali ecc., e dunque di essere applicata nei Tribunali.

Tali ridenominazioni, caratterizzanti il trasformismo della PAS, hanno fatto si che questa, nonostante l’assenza di ricerche empiriche e peer reviewed, nonostante le bocciature provenienti anche dal DSM 4 e 5, dall’ICD 10 e 11, sia stata mantenuta viva e vegeta nelle aule giudiziarie e trascritte nelle CTU, che sono redatte ai fini delle decisioni per l’affido dei minori, in caso di separazioni giudiziali cd “conflittuali|” o “ad alta conflittualità”: separazioni genitoriali in realtà conflittuali a causa di violenze domestiche e abusi sui minori, che grazie alla PAS/PA sono ignorate e negate, ridimensionate appunto a casi di mera e indefinita “conflittualità”.

Lo stesso Ministro del resto sembra da subito aderire a tale definizione delle separazioni con violenza, ridefinendole anch’egli, nella nota, come tali (“si attiverebbe in contesti di separazione e divorzio conflittuale non adeguatamente mediati”).

Si tratta di una definizione per la verità generica, monca, non originale, che esclude il riferimento alle “manipolazioni psicologiche materne sui figli minori” nonché non richiama l’atteggiamento di “rifiuto” del minore, di cui in realtà è sempre stata caratterizzata l’originale definizione gardneriana della PAS. Un cambiamento sensibile, di recente stampo bernetiano, che in tal modo include nella strategia PA (Parental Alienation) ogni tipo di potenziale conflitto genitoriale, anche senza rifiuto più o meno radicale del minore, o ogni tipo di difficoltà relazionale genitore – figlio, anche senza conflittualità tra genitori!

Nella nuova e non originale definizione di PAS fornita dal Ministro, ricalcata da fonti più recenti, si evidenzia dunque una portata immensa della definizione del Disturbo che potenzialmente potrà far lievitare a dismisura le diagnosi e il numero dei minori nonché delle coppie genitoriali separate coinvolte e, con ciò, moltiplicando il lavoro di CTU e operatori legati ai procedimenti di affido dei minori. Una tal portata numerica che già di per se dimostra tutta l’ascientificità di una simile pretesa di Disturbo alienante, in quanto in tal maniera gran parte della popolazione (l’80% dei genitori separati e dei loro figli) finirebbe sottoposto a tale diagnosi!

Il Ministro dimentica di riferire che la PAS, cosi come la Parental Alienation, non è nemmeno contemplata nell’ICD 11, né come sindrome, ma neanche come disturbo, sebbene sia stata proposta innumerevoli volte negli ultimi 4 anni, a più riprese, ricevendo continui rifiuti dal Team WHO, MSAC e CSAC!

Errato, anche il riferimento del Ministro laddove sostiene che W. Bernet, famoso sostenitore internazionale sia della PAS sia in seguito della PAD/PA, abbia ritenuto che il Board incaricato della redazione del DSM 5 abbia determinato l’esclusione della PAS semplicemente in quanto essa non sarebbe una Sindrome ma un Disturbo (pag.2). Se cosi fossero stati già dal 2013, avremmo potuto leggere nel DSM il termine/concetto “Disturbo di Alienazione Parentale/PAD” in realtà anch’esso proposto ma sonoramente bocciato!

Ulteriori criticità si leggono dunque alla seconda pagina della risposta del Ministro laddove è scritto: «… si è ritenuto che l’esclusione o l’alienazione di un genitore non corrisponda a una sindrome, né a un disturbo psichico individuale definito, ma piuttosto a un disturbo della relazione tra più soggetti, una relazione disfunzionale alla quale contribuiscono il genitore alienante, quello alienato e il figlio/la figlia, ciascuno con le sue responsabilità e con il proprio “contributo”, che può variare caso per caso».

  1. L’espressione ‘si è ritenuto’ è impersonale; chi ha ritenuto e su quali basi? Ritenere qualcosa, un concetto, senza fornire i necessari riferimenti bibliografici è autoreferenziale, si rifà al principio di autorità, che non rappresenta una modalità scientifica.
  2. Che cosa significa l’esclusione o alienazione di un genitore’? L’esclusione o alienazione di un genitore è postulata dal concetto privo di validità scientifica di PAS, che nella pagina precedente è stato negato. La contraddizione è evidente e dimostra il nostro fondato timore che, se da una parte si vuole stigmatizzare la vecchia nomenclatura “PAS”, dall’altra si intenda mantenere tutta la “teoria”, o “pseudo teoria” su cui la PAS si fonda, anche se utilizzando altre definizioni: o frutto di altrettanta fantasia creativa, come la PAS, o magari prese in prestito da disturbi completamente diversi!
  3. ‘Disturbo della relazione’: di grazia, in quale pagina del DSM-5, o di un trattato di psichiatria si legge questa espressione?
  4. Il concetto finale espresso, e cioè che ciascuno dei membri della relazione avrebbero le sue responsabilità, è del tutto fuori della realtà, perché nega o ignora che il fenomeno del rifiuto di un genitore da parte di un bambino è conseguenza di solito di violenza in famiglia, diretta o assistita, o di abusi sessuali sul bambino compiuti da un genitore. Quale sarebbe la responsabilità di chi subisce violenza o abusi sessuali?

Il Ministro, nonostante ribadisca più volte la “ascientificità” della PAS, tuttavia poi parla dell’esigenza di effettuare maggiori studi sulla Parental Alienation affinché possano essere effettuate “diagnosi differenziali”: insomma il Ministero parte dal presupposto che la PA sia valida a priori, invita a dimostrarlo e da per certo che dovranno essere effettuate delle diagnosi di Alienazione differenziali, indipendentemente dall’esito di quegli studi effettuandi!

Altra criticità, sempre alla seconda pagina, è nella seguente frase: «La comunità scientifica sembrerebbe concorde ne ritenere che l’alienazione di un genitore non rappresenti, di per sé un disturbo individuale a carico del figlio, ma un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicologico e affettivo del minore stesso».

Ciò che rappresenta un “grave fattore di rischio evolutivo” non è certo il rifiuto del bambino verso il genitore violento o pedofilo ma, al contrario, proprio il fatto che lo stesso bambino sia costretto ad accettare la relazione con questo tipo di genitore. Vi è sempre più ampia letteratura specialistica che mostra le conseguenze funeste sulla psiche della violenza e degli abusi sessuali subiti nell’infanzia; il Ministero della salute sembra ignorare questi studi, sembra ignorare che molti disturbi mentali sono conseguenza proprio delle violenze e degli abusi sessuali subiti nell’infanzia dai pazienti, preferendo a quanto pare invece di attribuirli a una fantomatica teoria di alcun fondamento scientifico, rigettata da 35 anni a questa parte da DSM e ICD (da ultimo anche dall’ICD 11), creata appositamente per confondere i tribunali dinanzi questi casi di abuso.

E ancora: «Sembra quindi che la PAS sia meglio definita come un “Disturbo del comportamento relazionale” e non come una sindrome».

Il nonsenso di questa frase è evidente; si riafferma il concetto di PAS, già definita in precedenza come priva di validità scientifica, e si suggerisce di chiamarla in altro modo. Come dire che se un prodotto è ritirato dal mercato perché adulterato, si può rimettere in commercio cambiando l’etichetta. Ma il cambio di etichetta non rende scientifico ciò che non lo è. E inoltre, in quale testo esiste l’espressione “disturbo del comportamento relazionale”? In realtà né nel DSM né nel più recente ICD 11! E già’ questo rilievo basterebbe a escludere eventuali future “diagnosi differenziali” sulla PA invocate dal Ministero!

Infine, sempre alla seconda pagina, è riportata una definizione di problema relazionale che non troviamo nel DSM-5: «Il DSM 5 definisce i problemi relazionali come “modelli persistenti e disfunzionali di sentimenti, comportamenti e percezioni che coinvolgono due o più partner in un importante rapporto personale”». Sarebbe gradito il riferimento bibliografico di questa definizione!

Ciò che emerge con evidenza è che mai, neppure una volta, nella nota sia stato fatto riferimento alla PAS come strategia processuale utilizzata nei tribunali per ignorare, negare o smentire la violenza domestica e gli abusi sessuali sui minori, dunque poter cosi evitare di applicare la Convenzione di Istanbul – che impone la protezione delle vittime e non ammette alcun tipo di mediazione o contatto tra il genitore abusante e le stesse vittime – quale essa è, cosi come dimostrano da numerosi studi scientifici internazionali, che nella risposta del Ministro rimangono del tutto ignorati.

Non una parola neppure circa la violenza o la Convenzione di Istanbul: ciò dobbiamo evidenziare sia con riferimento alla risposta del Ministro, ma anche riguardo alla stessa interrogazione parlamentare cui è stata fornita la replica, in cui a ben guardare era già contenuto il suggerimento fuorviante e fuorviato di considerare la PAS come già inserita nel DSM 5 perché “problema della relazione” («…dove compare alla stregua di un problema relazionale» vi troviamo, infatti, scritto per inciso).

Nessun riferimento alle decine di studi scientifici internazionali che hanno dimostrato che la Parental Alienation, cosi come lo era PAS, niente altro è se non una strategia processuale, che si rivela gravemente discriminatoria e altrettanto violenta proprio verso le madri e i minori vittime di violenza e abusi!

L’intendimento aprioristico di voler forzosamente arrivare al riconoscimento patologico della Alienazione, indipendentemente dall’esito dei futuri studi annunciati, appare evidente quando nella terza pagina è scritto: «Per essere diagnosticato come  tale, un disturbo relazionale richiede l’esistenza di un’interazione patologica tra gli individui coinvolti nella relazione. Pertanto, sebbene la descrizione del disordine abbia una certa validità, devono essere condotte ricerche approfondite per chiarire le sue caratteristiche (ad esempio, durata e intensità dei sintomi), altrimenti esse potrebbero essere utilizzate strumentalmente nelle controversie legali». Non v’è dubbio dunque che nella mens del Ministro la PAS sia comunque un disordine/disturbo (utilizza i due distinti termini disinvoltamente come equivalenti, pur non essendolo) di cui ancora, dovrebbero essere definite durata e intensità dei sintomi. Generalmente viceversa nello studio scientifico si procede all’inverso, partendo dalle analisi empiriche, prima registrando i sintomi, descrivendo intensità e durata, giungendo a delineare ipotesi che andranno verificate e falsificate, sottoposte a peer reviewed. Non viceversa ed evitando la falsificazione!

Nella terza pagina viene detto che «sono ancora molti i casi di bambini affidati ad un genitore sulla base dell’uso improprio della PAS, cosi come sono molti i casi di bambini inviati nelle comunità rieducative».

In realtà l’uso della PAS/PA è SEMPRE e in ogni caso improprio: proprio perché non ha alcuna validità scientifica e risulta fondato su ragionamenti ed argomentazioni illogiche, irrazionali, spesso indotte da convincimenti del tutto personali e parziali.

Ciò su cui il Ministero della Sanità nel 2012 ha allarmato non è “l’uso distorto” della PAS, come dice attualmente il Ministro, ma proprio sulla PAS e la mancanza di scientificità della medesima: suo qualunque uso dunque conduce a una distorsione della comprensione dei fatti e della realtà, sia in ambito clinico sia giuridico – processuale!

Da ultimo la risposta del Ministro che, dando per valida – come mera presunzione- la Parental Alienation in quanto “disturbo della relazione” annuncia nuovamente l’avvio di studi specifici, al fine di darle fondamento empirico e giungere a diagnosi certe. Pertanto, se da una parte è riconosciuto che la Parental Alienation non abbia un fondamento empirico, dall’altra si richiede di avviare studi che forniscano questo fondamento (non che lo verifichino!): studi che inevitabilmente, partendo da una presunzione infondata e aprioristica, non potranno che essere altrettanto infondati e a-scientifici. Sarà un inutile dispendio di risorse economiche pubbliche e un ulteriore occasione di confusione.

Il mancato confronto con la seria Comunità scientifica internazionale rappresenta inoltre un ulteriore grave limite della risposta ministeriale che, a quanto pare, sembra chiudersi in una valutazione “nazionale” dall’orizzonte assolutamente limitato e limitante.

Sembra insomma che i sostenitori della PAS abbiano trovato il modo di autopromuoversi a spese dello Stato e dei contribuenti, continuando a elaborare fasulle ricerche scientifiche sulle quali poter continuare a esser sottratte piccole vittime di violenze fisiche e sessuali a madri protettive, da affidare proprio ai genitori abusanti, sulla base di diagnosi “sempre più certe” di “Disturbo relazionale” dovuto a Parental Alienation.

Difatti le uniche separazioni nelle quali è disposta una CTU affidata agli psicologi giuridici sono quelle in cui c’è il rifiuto del minore di relazionarsi con un genitore; rifiuto che è motivato sempre dalla paura che il bambino ha di quel genitore, come mirabilmente espresso dai giuristi del Centro Studi “Rosario Livatino” di Roma[1].

La CTU è disposta non con l’obiettivo di comprendere le reali motivazioni del rifiuto del minore ma con il solo obiettivo di verificare se il minore sia stato condizionato nel suo rifiuto dall’altro genitore, manipolato psicologicamente. Poiché non esiste un metodo, di pertinenza della psicologia scientifica, per stabilire se un bambino sia stato manipolato psicologicamente da un genitore contro l’altro, ecco tirare in ballo concetti privi di validità scientifica, da ultimo un inesistente disturbo del comportamento relazionale, per punire la donna che ha osato separarsi del coniuge violento o pedofilo e occultare le violenze e gli abusi sessuali.

Riguardo i motivi per i quali la Parental Alienation né come Sindrome, né come Disturbo, né come Problema Relazionale, debba essere considerata fondata scientificamente ma al contrario riconosciuta come mera strategia processuale violenta che rivittimizza le vittime di violenza domestica e abusi sessuali incestuosi su minori, possono essere esaminati nella seguente Lettera Petizione di Accademici ed esperti internazionali, sottoscritta anche da centinaia di professionisti italiani, che ha determinato la non inclusione della Parental Alienation nell’ICD 11 (v. in http://www.learningtoendabuse.ca/docs/WHO-September-24-2019.pdf . ).


[1]«Accreditati studi scientifici, frutto di ricerche di psicobiologia nel campo delle neuroscienze affettive insegnano che quando un bambino si sente a disagio con un genitore ed evita la frequentazione con lo stesso, nella quasi totalità dei casi lo fa perché ha paura e la paura – un’emozione primaria, istintiva, non condizionata – è in genere provocata dal comportamento violento (fisico o anche solo verbale) del genitore rifiutato, se non addirittura da abusi sessuali o atteggiamenti che mettono il minore a disagio».

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