IL PARERE: UN SISTEMA SOCIALE AUTORITARIO E DISCONNESSO DAI REALI BISOGNI DEI BAMBINI

19 Febbraio 2020 | Redazione

di Anna Maria Mossi Giordano, Educatrice

Non si finisce mai di essere un’educatrice, anche se sei in pensione. Una professione tanto amata ti rimane come un tatuaggio sulla pelle, a ricordarmi che sarò sempre dalla parte dei bambini, per provare a dare voce ad un grido inascoltato. Sono rimasta basita dalla proposta di legge che vorrebbe rendere obbligatoria la scuola dell’infanzia già dai tre anni di età. Non posso fare a meno di esprimere una mia riflessione, che nasce spontanea, ma anche in virtù della mia lunghissima esperienza vissuta in ambito educativo.

Trovo sia una proposta profondamente sbagliata e diseducativa, che non tiene affatto conto delle reali esigenze dei bambini di quella fascia di età. L’aspetto doloso e manipolativo di questa proposta sta nel farla passare come una opportunità per i bambini e le famiglie, ovvero come diritto concesso, tanto da renderla obbligatoria. Niente di più falso! In realtà è solo un diktat prepotente, che vuole soltanto strumentalizzare i bambini, anzi, in parole povere, usarli per fini tutt’altro che nobili.

Stiamo assistendo ormai da anni, ad un lento quanto costante, intervento istituzionale verticale, che entra sempre di più in merito, e a gamba tesa nelle istanze pedagogiche. Decidono tout court cosa sia meglio per i bambini e le famiglie, stabilendo dall’alto e senza nessuna competenza pedagogica come debbano vivere entrambi. L’aspetto inquietante è soprattutto quello di non offrire maggiori opportunità e tutele per le famiglie, affinché possano avere più tempo a disposizione per poter stare con i propri figli. Al contrario, si sta prolungando sempre di più il tempo di permanenza che i bambini trascorrono a scuola, privandoli di fatto, di tutte quelle esperienze significanti da vivere con i propri genitori, o con chi si prende cura di loro. Queste condivisioni familiari sono fondamentali per il ben-essere psico-fisico dei bambini, rappresentano la base sicura sulla quale si potrà costruire tutto il resto.

È ormai storia conclamata dei disagi e le difficoltà che i bambini possono manifestare a scuola, se questa “base sicura” viene a mancare o è addirittura negata. Il nido come la scuola dell’infanzia possono essere delle esperienze positive ed arricchenti, se vissute con gradualità e autentico rispetto dei bisogni e dei tempi dei bambini; ma una scuola per quanto possa essere ben organizzata, non potrà mai sostituire quel rapporto speciale tra un bambino e la sua mamma, in primis e poi con tutto il nucleo familiare.

L’impressione vivida è quella di assistere ad una disumanizzazione delle relazioni, attraverso la violazione e controllo effettuato dal potere istituzionale, che sta letteralmente depredando le famiglie, dal loro diritto decisionale educativo. Le istituzioni stanno ampiamente dimostrando di non avere nessuna intenzione di investire ad esempio sul welfare mettendo in campo risorse diversificate, che aiutino realmente le famiglie nel delicato compito genitoriale, promuovendo una pedagogia attenta e sensibile verso le necessità psico-fisiche dei loro figli.

I bambini e le bambine hanno il diritto sacrosanto di poter accedere ad un tempo lento, ad un tempo dedicato, ad un tempo da vivere a contatto con la natura, ad un tempo per gli affetti. Se non ci sarà un cambio di rotta, pronto ad accogliere quello che la pedagogia dell’accoglienza, della solidarietà e del tempo liberato ci sta indicando, vedo solo ombre per il futuro dei nostri bambini, che potranno diventare con questi presupposti, adulti problematici, e purtroppo di segnali ne abbiamo tanti a disposizione.

I bambini e le bambine sono i figli di una comunità che ha l’obbligo etico di tenerli in mente e di amarli come meritano. I bambini non devono diventare merce di scambio, affinché si realizzino le brame di un potere ancora fortemente declinato verso il maschilismo e sempre più disconnesso da una visione umana ed empatica della nostra società. Piuttosto preferisce privilegiare l’aspetto produttivo ed economico, in nome del quale sta minando in profondità le sue fondamenta più preziose. Questa destabilizzazione valoriale, a favore del consumo e dei privilegi per pochi, impedisce la condivisione, la partecipazione alla costruzione del ben-essere per l’intera comunità, unico diritto incontestabile per ogni essere umano, per il quale valga la pena lottare ed indignarsi.

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