di Simona D’Aquilio
4–5 minuti
Di ritorno da un pomeriggio trascorso a progettare e chiacchierare con le mie amiche e cofondatrici di Maison Antigone, Michela Nacca e Maria Grazia De Benedictis, mentre guidavo verso casa, mi è venuta voglia di andare al cinema.
La scelta è caduta su “Figli” di Giuseppe Bonito con protagonisti Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi.
La trama del film è la semplice ma nevrotica vita di due genitori romani alle prese con due bambini: Anna, di circa otto anni, e Pietro, il neonato, colui che piomba nella vita placida dei tre membri della famiglia distruggendo equilibri, notti pacifiche e silenziose ed armonia coniugale.
Così, ciò che dovrebbe rallegrare e unire una famiglia, il secondo figlio, inizia ad innervosirla e disgregarla.
Il racconto è pieno di battute e riflessioni anche amare sulle difficoltà/incapacità dei genitori odierni. Bellissimo il dialogo fra Sara, Nicola e la mamma di lei che si rifiuta categoricamente di aiutare la coppia nella gestione del figlio piccolo: un’analisi acuta e senza pietà del nostro Paese visto con gli occhi della giovane coppia e poi con quelli della suocera che, senza esclusione di colpi, annovera tutti i punti di forza della propria generazione svelando anche al pubblico delle verità che, forse, non tutti riescono a vedere.
È il ritratto di una generazione di funamboli, questo film: genitori che si barcamenano per arrivare a fine mese, sufficientemente istruiti da restare schiacciati fra le loro vecchie ambizioni irrealizzate ed il peso del costo di una vita che pare sempre più assorbita dal fare continuamente fronte a catastrofi finanziarie e personali piuttosto che essere semplicemente vissuta dai protagonisti. Una generazione senza certezze, nessun futuro da programmare e tante paure.
Una notazione particolare merita la figura dei padri medi italici, che in questo film è molto ben rappresentata: piuttosto incapaci di gestire anche per poche ore i figli, si sentono supereroi se riescono a trascorrere incolumi una sola giornata tipo di quelle che trascorrono le madri, dopo la nascita di un figlio. Talmente sconvolti, essi stessi, dalla riuscita in tale impresa, da pretendere i complimenti della moglie e madre la quale si è concessa un pomeriggio di svago/sfogo con un’amica.
Esilaranti gli amici di Nicola: inizialmente solidali ed affranti per la pessima novella della seconda gravidanza di sua moglie, durante tutto il film non fanno che confermargli la negatività di quella scelta di vita che essi stessi rimpiangono di aver fatto.
Interessante il personaggio della pediatra guru: la sola che, forse, fornisce una ricetta semplice ma efficace alla coppia di genitori in crisi totale: l’accettazione!
La narrazione di Bonito ci mostra solo ciò che sappiamo già: molti passi in avanti sono stati fatti, circa la divisione dei tempi di cura dei figli, all’interno delle coppie coniugate o conviventi, ma il padre italico medio resta un soggetto assenteista, piuttosto egocentrato ed immaturo ed il film rappresenta esattamente questo tipo di padre. Gli spettatori della fascia di età fra i 40 ed i 60 anni ci si possono riconoscere perfettamente…
Una frase di Mastandrea, Nicola, racchiude questo fallimento generazionale: “Il fare tantissimo è sempre paragonato ad una media di padri che non fa niente!”. Perciò, cari padri italici, a voi basterà un piccolissimo sforzo per fare una bellissima figura in un Paese dove la media dei papà è fuggiasca!