IL PARERE: EMPATIA, L’ETERNA SCONOSCIUTA

3 Giugno 2019 | Redazione

di Eleonora Fioravanti, Pedagogista

Scuola dell’infanzia, la classe è composta di venticinque bambini: due hanno il sostegno per tutto l’ammontare della loro permanenza nella classe, quattro sono stranieri e non comprendono sufficientemente l’italiano, uno è in fase di valutazione presso una struttura pubblica, una bimba è così timida che alla fine dell’anno non siamo riuscite a coinvolgerla in nessuna attività e a stento ricordo la sua voce e due bambini hanno iniziato logopedia perché hanno un ritardo del linguaggio.

È una classe sicuramente impegnativa, ricca di dinamiche che cambiano quotidianamente e la soglia dell’attenzione è calibrata per una durata massima di dieci, quindici minuti. Rimango seduta in un angolo della classe a osservare tutte le loro particolarità, quando la mia attenzione si concentra su un gruppo di bambini. Seduti intorno al tavolo cinque bambini sono impegnati in attività di pregrafismo, sono i più grandi, quelli che quest’anno otterranno il diploma che segnerà la fine del percorso nella scuola dell’infanzia. Apparentemente lavorano sereni ma osservandoli attentamente, mi accorgo di una celata frazione all’interno di questo piccolo gruppo. Solo quattro di loro riescono a portare avanti il compito assegnato, uno è in difficoltà. Ha le mani sudate e stringe così forte la matita che le nocche della mano sono diventate bianche. Produce delle linee irregolari, il solco grafico è così nutrito che ha perforato il foglio in alcuni punti. Gli altri bambini fanno bella mostra del loro lavoro, sono stati veramente bravi e precisi e non smettono di vantarsi; quando a un tratto notano il libro del compagno. Cominciano a ridere di lui, delle sue difficoltà, della poca precisione e di quanto le sue lettere siano illeggibili. Il bambino rimane in silenzio a osservare il libro, come se aspettasse che le sue linee si tramutassero in lettere. L’istinto mi dice di alzarmi e intervenire immediatamente, la ragione mi porta a concedermi altri cinque minuti e a vagliare una serie di possibilità su come gestire l’accaduto. Sono bambini e il “cucciolo d’uomo” è sempre l’animale più spietato e non hanno ancora la piena maturità di immedesimarsi nell’altro. L’empatia ha uno sviluppo graduale costituito da fasi che camminano di pari passo con lo sviluppo cognitivo, per poi completarsi in adolescenza: momento in cui matura un’empatia che, oltre alla situazione contingente, riesce a valutare le condizioni totalitarie di vita, inglobando valori e giudizi morali. È proprio nella scuola dell’infanzia, dove non sono previsti programmi ministeriali da portare a termine, che possiamo prenderci del tempo da dedicare ”all’ascolto”. Se è vero che l’empatia sia innata, non è detto che tutte le persone siano in grado di valorizzarla. In Danimarca i bambini tra i sei e i sedici anni studiano per un’ora la settimana l’empatia, considerato uno “strumento fondamentale per avere adulti felici e sereni”, l’ora in questione si chiama “ Klassen Tid” ovvero “Lezione di empatia”. L’Università Bicocca di Milano ha condotto uno studio su 110 bambini di scuola elementare per due mesi. Il progetto prevedeva il racconto di storie con una forte valenza emotiva, a metà di loro è stato chiesto di svolgere un disegno sulla storia, all’altra metà è stato proposto un gruppo di discussione. Al termine dello studio è emerso come il secondo gruppo di bambini fosse in grado, rispetto al primo, di comprendere le emozioni proprie e del gruppo, permettendogli di entrare maggiormente in empatia gli uni con gli altri.

E’ fondamentale sviluppare nel bambino la capacità di immedesimarsi nell’altro, di intuire gli effetti di una parola o un comportamento che possa causare dolore al nostro compagno.

Iniziare sin da piccoli a comprendere che non siamo delle “isole” e non possiamo vivere solo ad appannaggio delle nostre priorità ci permetterebbe, in seguito, di gestire meglio anche le nostre relazioni affettive.

Educare all’empatia ha una doppia valenza, può diminuire atteggiamenti narcisistici, atti di bullismo e capire le proprie emozioni riconoscendole negli altri.

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