QUEI “BRAVI RAGAZZI” CHE UCCIDONO LE LORO COMPAGNE di Simon Lapierre e Isabelle Cote

28 Gennaio 2019 | Redazione

Pubblicato il 4 maggio 2014

di Simon Lapierre e Isabelle Cote

Abbiamo saputo di recente che un’altra donna, questa volta in Outaouais, è stata uccisa dal suo compagno. Tuttavia quando i giornalisti intervistano le persone nell’entourage degli aggressori, spesso dei conoscenti, quelle sostengono molto spesso che quegli uomini sono dei “bravi ragazzi, dei “bravi vicini” e dei “bravi padri di famiglia”.

Ancora una volta questi avvenimenti si sono prodotti nel momento in cui la donna aveva deciso di lasciare il compagno. Questo scenario è così frequente che, benché situazioni simili siano allo stesso tempo tristi e scioccanti, non sono più molto sorprendenti.

Quindi, quando i giornalisti interrogano le persone nell’entourage degli aggressori, spesso dei conoscenti o dei vicini, questi ultimi si dicono generalmente sorpresi da questi gesti di violenza estrema. Spesso riferiscono che quegli uomini sono dei “bravi ragazzi” -, dei “bravi vicini” e dei “buoni padri di famiglia” ma anche che abitano in “quartieri tranquilli” dove situazioni simili non dovrebbero verificarsi “non pensiamo mai che una cosa come questa succederà qui”.

Il discorso del “bravo ragazzo”

In queste circostanze, abbiamo sentito: ”Però è un bravo ragazzo, ci salutava sempre quando ci incontrava per strada”. O ancora: ”Però è un bravo padre, lo vedevamo sempre con i suoi figli”. Affermazioni simili, che ci insegnano molto poco sugli uomini in questione, non forniscono alcun chiarimento sui casi di violenza (omicidi) e sul contesto nel quale si inseriscono. Esse inviano anche un messaggio ambiguo alle persone che potrebbero trovarsi davanti ad una situazione simile.

Se le persone sono sorprese che un uomo il quale le salutava per strada o che si occupava dei propri figli possa essere violento verso la propria compagna, al punto di ucciderla, è perché hanno un’immagine ancora molto stereotipata del “picchiatore di donne”. In effetti, più persone continuano a pensare che gli uomini che hanno dei comportamenti violenti verso la loro compagna siano facilmente identificabili, una specie di “mostri” con una personalità asociale, o ancora che essi siano poveri, senza educazione e senza lavoro ecc.

Tuttavia gli uomini che hanno dei comportamenti violenti provengono da ogni gruppo della società, da ogni classe sociale, hanno diversi livelli di educazione e svolgono ogni tipo di lavoro. Questi uomini non sono necessariamente violenti in tutte le sfere della loro vita. Certamente alcuni uomini possono usare la violenza contro la propria compagna, mentre non sono mai violenti contro i propri colleghi di lavoro o i propri amici. In più, non sono necessariamente sempre violenti contro la propria compagna – la violenza coniugale si inserisce generalmente dentro un ciclo, con episodi di violenza ed episodi di luna di miele e di latenza.

E quello del “quartiere tranquillo”

La stessa logica opera quando le persone esprimono la propria sorpresa perché abitano in un “quartiere tranquillo” o in un “buon vicinato”. In effetti, molte persone hanno l’impressione che la violenza coniugale sia l’appannaggio di alcuni quartieri più svantaggiati economicamente o di alcune comunità culturali. Eppure, poiché gli uomini che hanno dei comportamenti violenti provengono da ogni gruppo della società e da ogni classe sociale, questo problema si ritrova in tutti i quartieri e in tutti i paesi.

D’altra parte, contrariamente a molti altri crimini, la violenza coniugale è un reato che si produce dietro le porte chiuse. Evidentemente, gli aggressori non denunciano questi accadimenti. Le donne ed i figli spesso mantengono il silenzio perché hanno paura o perché hanno vergogna. Anche se non è visibile all’esterno, questo non significa che non sia presente…

Un discorso che non si applica allo stesso modo a tutti gli uomini

D’altra parte, il discorso del “bravo ragazzo” non si applica allo stesso modo a tutti gli uomini, rinforzando così i privilegi di alcuni gruppi di uomini. Per esempio, gli uomini bianchi sono molto più suscettibili che gli uomini che provengono da alcune comunità etniche di essere descritti come dei “bravi ragazzi” quando si verificano situazioni simili. Anche lo status sociale, professionale ed economico degli uomini è determinante.

Concludendo

Ma perché i giornalisti persistono nell’interrogare le persone nell’entourage degli aggressori – i loro conoscenti, i loro vicini ecc.- quando si verificano tali situazioni? Non sono certamente queste persone che permettono di capire meglio le situazioni specifiche, ancora meno il problema della violenza coniugale in generale. Quando degli uomini uccidono le loro compagne, non sembra pertinente stabilire se le persone del loro entourage li percepivano o no come dei “bravi ragazzi”, dei “buoni vicini” o dei “buoni padri di famiglia”, percezioni che sono in ogni caso basate su una conoscenza molto parziale della vita quotidiana di questi uomini e della loro compagna. Se i giornalisti desiderassero trattare delle situazioni specifiche, queste sono gli atti di violenza, che sono inaccettabili e pieni di conseguenze, che dovrebbero essere portati all’attenzione del pubblico.

Sarebbe probabilmente più appropriato dare la parola alle persone che lavorano vicino agli aggressori ed alle vittime di violenza coniugale, in modo di far meglio conoscere il problema e le risorse in questo ambito.

E a tutte quelle o tutti quelli che prendono la parola in occasione di questi accadimenti: non è il caso almeno per rispetto delle vittime e dei loro cari di non descrivere questi uomini come dei “bravi ragazzi”. Bisogna rompere il silenzio sulla violenza coniugale ma se è per parlare delle qualità personali dell’aggressore sarebbe preferibile tacere.

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